Cari lettori, scommetto che vi stavate chiedendo che fine avessi fatto (come scrittore ovviamente), in effetti è dall’anno scorso, tornato dal Vietnam, che non scrivo qualcosa.
Sono stato un po’ assente perché quest’anno è stato un pochino faticoso e ho dedicato tempo ed energie per raggiungere l’ambita vetta della cintura nera.
Non starò qui di certo a parlarvi di come l’ho vissuta, perché credo che (parlo anche per Er Valigia) ci abbiate visto sputare sangue e sinceramente se ci ripenso mi viene l’angoscia.
Penso che tra qualche anno capirete molto bene cosa abbiamo provato e ho notato che i nostri istruttori si sono immedesimati molto in noi e hanno rivissuto attraverso i nostri occhi quelle ore interminabili di Son Lyen e fondamentali.
Comunque lacrime a parte mi era venuta voglia di scrivere qualcosa riguardo la palestra, riguardo la Tinh Vo Mon e riguardo me.
Se devo essere sincero passare “dall’altra parte” mi è sembrato una cosa molto naturale, mi spiego per non essere frainteso: quando prendi la patente passi da un punto della tua vita in cui giri in bicicletta, autobus e telefonate dalle cabine alla mamma dicendo “mi vieni a prendere in fermata?” (si sono vecchio e io telefonavo dalle cabine!!), ad uno dove sei totalmente indipendente.
La sensazione cambia da un giorno all’altro ed è abissale; ti senti cambiato e pensi “ora sono un adulto“.
Dopo la cintura nera invece per me non è stato proprio così, forse sarò cinico, ma a parte entrare in palestra e sembrare Casper vestito da Uomo Nero differenze non ne ho provate.
Ci si allena in uguale modo e si imparano cose nuove sì, ma ogni anno il programma cambia. Mi dicono che da quando ho iniziato sono “maturato“, forse è vero, ma la domanda che mi sorge spontanea è: “lo sono davvero?” purtroppo nè io nè il Maestro lo sappiamo, perché come dice sempre “io ti posso indicare la strada, ma spetta a te intraprenderla“.
Già… parole sante. Però a volte mi sento andare alla cieca e capire se il mio allenamento mi migliora è impossibile.
La differenza rispetto a anni fa è che mi faccio molte meno domande. Faccio e basta senza chiedermi il perché o cosa. Spesso voi cari compagni mi chiedete: “ma cos’è questo passaggio, una parata o un colpo o che cosa?” e se vedete che mi irrito non è per la domanda, ma perché passate più tempo a cercare risposte invece di allenarvi. Non dico che non sia importante, anzi lo è molto, ma prima c’è il fare. Questa è l’unica cosa che penso di aver capito dal mio “salto“, allenarsi vuol dire fare e cercare le risposte un poco alla volta.
Comunque un po’ alla volta miglioriamo, impariamo cose nuove e soprattutto viviamo al meglio il Viet Vo Dao.
Tutti dicono che l’arte marziale è un’attività individuale, ma credo, anzi sono sicuro, che non è così. Quando mi alleno in primis ci siamo io e il Maestro. Lui aumenta ogni giorno la mia voglia di allenarmi e continua a portare pazienza sempre con noi! Poi ci sono i miei compagni con i quali ho vissuto fatica, sacrifici e molte risate.
Se ripenso a tutti questi anni passati e a quello che ho vissuto, mi vengono in mente tantissime cose: gli allenamenti con Fausto al parco, le sudate fatte ripetendo i fondamentali, gli stage con le risate alla sera e anche ripassare le forme via sms. La gente pensa che io mi sia scordato di quello che ho passato, ma non potrò mai e poi mai dimenticarlo. Sono stati momenti bellissimi che porto sempre con me.
Comunque a parte il “momento nostalgia” mi accingo a concludere questo scritto dicendo cosa penso della vita.
Io penso anzi sono sicuro che un giorno saremo seduti in un prato a guardare le nuvole che passano, lì in quella quiete ci soffermeremo a pensare a tutta la nostra vita, a quello che abbiamo passato, ai sacrifici, alle volte che potevamo e non abbiamo fatto e ci ritroveremo a chiederci: “ne è valsa la pena?“.
Non so cosa penserò di me, ma so per certo che al Viet Vo Dao e a tutto quello che ho passato darò questa risposta: “Si, ne è valsa la pena!“.
Carlo Vian
Cintura nera
Tinh Vo Mon TV
Ho l’impressione, leggendo la tua riflessione, che tra le righe stai affermando di aver percepito l’esistenza del “Dao”, che ciò ti stia di fronte e che tu stia cercando una strada per percorrerla. Ammettendo corretto ciò che mi pare di leggere tra le righe, mi sento di proporti una visione o un’ottica complementare alla tua.
La disciplina, gli sforzi e l’amore che riconosci al Viet Vo Dao vanno riposti anche alla filosofia dell’arte marziale; sono due parti della stessa sfera, che non rotolerà verso alcuna parte se non completa. Può, per la tua età, sembrare ostica o insensata, ma sai che l’arte marziale è corpo e mente, azione e riflessione, positivo e negativo nelle loro accezioni migliori, senza riflettere sull’ “equilibrio” per brevità.
La filosofia unita alla pratica potrebbe portarti verso due risultati, non ti interessa o ti accorgerai (come hai fatto ora) che è importante quanto la prestazione fisica, l’allenamento. Una decina di anni fà un Maestro (Ennio Toniolo) parlandone mi ha detto “studia quanto vuoi la filosofia ma non immaginare di poter vivere secondo quella nella nostra società o di poterla portare completamente nella tua vita, faresti l’errore più grande”, lo condivido, ma si può certamente prendere il meglio, l’adattabile e perfino in parte lo stile di vita. Facendolo, potrebbe portarti a rotolare lontano oppure no, non facendolo avrai solo perso un’occasione di vita.
Con vero affetto, Orazio.
Ciao Orazio! No non credo si proprio così. Le tue parole sono esatte, ma non rientrano in quello che intendevo. Precisiamo alcune cose:
– non c’era un vero e proprio senso all’articolo, sono solo riflessioni scritte sulla carta (o sul computer in sto caso). Dicevo solo quello che penso e che vedo.
– Il DAO lo vedo molto molto lontano, ma forse l’anno scorso non sapevo nemmeno cosa fosse e ora inizio a intravedere qualcosa.
– La cintura nera per me è sempre stata un enorme obiettivo, ma è come se tu dovessi fare un lungo viaggio e il tuo obiettivo fosse il primo paese che incontri. Non avrebbe senso porsi questo come obiettivo! L’obiettivo probabilmente è l’infinito ovvero cercare sempre di migliorare per se stessi, per il VVD e per il Maestro.
– La mia, anzi la nostra, strada è lunga da percorrere, ma come dice una nota pubblicità: “l’attesa del piacere e di per se il piacere stesso!”
Carlo vi vuole bene!
Carlo, chiuderò le nostre riflessioni in questo modo;
…ogni parola scritta su di un foglio di carta, peserà come un sasso quando verrà letta;
ogni parola detta con un filo di voce, avrà la forza del vento di mare quando sarà ascoltata;
poiché noi siamo nell’Universo e l’Universo è in noi.
Parole sagge Orazio!