BASTONE

Bastone

Ma come può una semplice analisi del terreno raccontare tutte queste cose?

Qualunque essere vivente, vegetale, animale o uomo dopo la morte, come si sa, si decompone rapidamente. Soprattutto se rimane esposto sul terreno. Tranne casi del tutto eccezionali (per esempio animali rimasti imprigionati nei ghiacci come i famosi mammut della Siberia, o certi insetti rimasti intrappolati nella resina, trasformatasi poi in ambra), nel giro di breve tempo non rimane più niente della struttura originaria. Tutto si dissolve. Prima i tessuti molli e via via tutti gli altri.

Eppure, in taluni casi, certe strutture biologiche, possono rimanere intatte e arrivare fino a noi: ciò avviene quando si verifica il fenomeno (rarissimo) della fossilizzazione. Vale a dire quando la terra rapidamente ingloba questi resti in un ambiente adatto per proteggerli. Il caso tipico che ci riguarda (senza cioè parlare di carbonificazioni, certificazioni, mummificazioni naturali, ecc…) è quello di un rapido seppellimento sotto un sedimento molto fine. Ciò avviene, per esempio, quando un animale muore ai bordi di un lago o sulle rive di un fiume, o viene seppellito da uno smottamento o da un’inondazione. In questi casi il sedimento sigilla le spoglie, isolandole dagli agenti che potrebbero degenerarle.

 

Solo le acque di infiltrazione riescono a raggiungerle, provocando una lenta ma continua sostituzione delle molecole, grazie ai sali minerali disciolti nell’acqua. Il tipo di minerale che si trova nel terreno condiziona naturalmente il colore e la consistenza dei fossili, che possono così apparire grigi, biancastri, marrone o addirittura neri.

La lenta sostituzione molecolare fa si che il loro aspetto rimanga esattamente uguale a quello originale, tant’è vero che, sovente, persino al microscopio elettronico la struttura appare del tutto simile. Tutto questo discorso ci fa capire quanto sia raro l’evento della fossilizzazione, che si verifica soltanto in circostanze molto particolari. E quindi quanto sia difficile trovare fossili.

I nostri più antichi antenati, prima ancora degli strumenti lavorati usavano con tutta probabilità, per le loro esigenze quotidiane, strumenti naturali, come rami e sassi. Il legno era un materiale ovviamente più facile da lavorare della pietra; e le sue forme suggerivano immediatamente molti usi ( lungo per raggiungere luoghi inaccessibili, massiccio per percuotere e difendersi, appuntito per bucare, scavare e cacciare).
Sfortunatamente, è molto raro che il legno si fossilizzi. E quindi molto difficile riuscire a trovare uno strumento in legno.

I più antichi sono 5 lance rinvenute ad Ashoningen in Germania: hanno 400 mila anni. Stessa antichità (ma molti sospettano un’età di 230 mila anni). Per un giavellotto in legno di tasso rinvenuto a Clacson-on-Sea nel Sussex. Tuttavia uno dei reperti più antichi e allo stesso tempo – drammatici – è una lancia di legno di tasso lunga ben 2 metri e 40, trovata nel costato di un elefante ucciso tra i 120 e i 70 mila anni fa a Lehringen, in Germania Federale.

 

Da un analisi più approfondita dell’arma del delitto, si è potuto stabilire che la sua punta era stata indurita al fuoco per diventare più micidiale.
Ma è solamente a partire da 12-10 mila anni fa che si cominciano a ritrovare numerosi strumenti in legno integri. In quale misura questi reperti consentono di ricostruire i comportamenti dei nostri antenati, le loro abitudini, il loro modo di vivere ed anche il loro livello di intelligenza?

Supponiamo che, in futuro molto lontano, degli archeologi di un altro pianeta sbarchino sulla luna, e casualmente ritrovino la macchina fotografica che due astronauti americani dimenticarono sulla sua superficie.

Cosa potrebbe raccontare una macchina fotografica ad un archeologo del futuro? Molte cose. Anche non tenendo conto del rullino (con ogni probabilità non più ritrovabile, perché bruciato dai raggi cosmici), i vari pezzi della macchina costituirebbero una ricchissima fonte di informazioni: per esempio l’analisi delle leghe metalliche, o la struttura delle lenti fornirebbero molte indicazioni sulle conoscenze acquisite al momento della missione, sulle nostre abilità tecnologiche e persino sui nostri gusti estetici.

Quella macchina fotografica si trasformerà insomma in una piccola enciclopedia che permetterebbe ai ricercatori del futuro di immergersi per un attimo nel nostro mondo. Questo varrebbe anche per eventuali civiltà extraterrestri che dovessero intercettare in futuro quelle sonde spaziali, come i Voyager o il Pioneer, che sono in viaggio verso l’esterno del sistema solare, con il loro carico di immagini, apparecchiature, tecnologie. In altre parole ogni civiltà, nel corso della storia, ha lasciato dei messaggi (delle enciclopedie) della propria cultura sotto forma di tecnologie, opere d’arte monumenti e oggetti della propria vita comune

STORIA DEL BASTONE
Il bastone nel corso della storia ha lasciato traccia in molti paesi del mondo, infatti se noi andiamo ad analizzare la storia dei popoli lo possiamo trovare sia nei paesi orientali che occidentali. L’oriente come del resto si conosce ha una lunga tradizione che proviene da millenni vedi l’escrima il kung fu e kobudo ecc. ecc., dove il bastone ne ha fatto il padre delle armi, da questo possiamo dedurre che comunque sia ha avuto un posto rilevante non solo come attrezzo agricolo ma anche come mezzo di difesa.

Tuttavia ci rendiamo conto che rappresenta l’arma ideale per difendersi da chi è armato con armi bianche (spada, coltello, ecc.). Il bastone in Vietnam, come del resto in tutti i paesi dell’Asia, ha ricoperto un posto importante nella vita comune, ad esempio i contadini lo utilizzavano come mezzo di trasporto dell’acqua, veniva alzato per permettere la crescita di alcune piante, non dimenticando l’impiego di fabbricazioni di capanne. Nei paesi di mare ebbe un notevole impiego nella pesca ed è a questo proposito che il tipo di utilizzo ne ha fatto anche un uso diverso nell’Arte Marziale.

Anche l’Italia meridionale vanta una tradizione con la scuola napoletana dove agli inizi del 1200 raggiunge l’apice della diffusione durante il periodo dell’invasione spagnola. In tal senso vi sono profonde similitudini con lo sviluppo della escrima filippina, avvenuto nei primi anni del 1500 per insurrezione del popolo contro l’invasione spagnola. Il bastone napoletano differisce da altri tipi di bastone essenzialmente per la sua misura ridotta rispetto a quello siciliano, molto più lungo e per la tecnica che privilegia colpi a corto raggio, corpo a corpo e chiusura. Esso fu utilizzato molto anche dalla Carboneria.

Si utilizza molto per comprimere alcuni punti dolorosi del corpo che paralizzano letteralmente chi li subisce. Nella scuola napoletana non vi sono accessori inutili e tecniche spettacolari (vedi i maneggi del bastone siciliano). Maneggiare il bastone napoletano è un po’ come maneggiare un coltello. Il taccaro in particolare, utilizzato anticamente dalla vecchia camorra per infliggere punizioni esemplari, può avere anche una versione con l’estremità più grossa irta di chiodi, un po’ come una mazza ferrata del medioevo.

Un’altra regione d’Italia è la Sicilia dove l’arte del bastone viene esercitata da più di 800 anni i pastori sfidavano spesso a duello, anche mortale, per questioni d’onore e questa usanza venne anche adottata successivamente dai nobili. In questi casi ci si atteneva sempre ad un preciso codice d’onore e, grazie a questa pratica, la tecnica cominciò a raffinarsi. Poi, con l’avvento delle armi da fuoco, la funzione di difesa del bastone venne a mancare, ma restò il suo impiego nei duelli d’onore. Oggi il bastone resta a livello di arte tramandata di padre in figlio, da amico ad amico, soprattutto nella Sicilia orientale, sui monti e nei luoghi scarsamente popolati, dove ancora i giovani non sono distratti dai problemi della società industriale.

Quest’arte ebbe anche un altro protettore: la cosiddetta famiglia, antica organizzazione patriarcale, embrione della futura mafia. Soprattutto agli inizi del secolo scorso tale organizzazione rappresentava e si sostituiva alla legge in molti villaggi: si basava su una struttura gerarchica presiedute diretta da uomini che avevano il titolo di capo bastone e vi erano anche altri gradi.

Il bastone siciliano comprende vari stili denominati “Tirata“, la tirata ruotata e la fiorata sono tra i più diffusi, un’altra scuola collocata geograficamente nell’area di Messina, usa il bastone con una sola mano, come un fioretto, ma non è ritenuta molto efficace perché nelle parate c’è il rischio che il bastone cada di mano. Nelle scuole maggiori, invece, il bastone viene maneggiato a due mani, con movimenti rotatori continui chiamati mulinè e solo occasionalmente viene utilizzata con tecniche offensive di stoccata, con una sola mano.

Il maneggio eseguito a due mani difende tutta l’area intorno al corpo (un po’ come un’elica), tenendo lontano gli aggressori. Questa fase difensiva è completata da attacchi alla testa, colpi laterali al viso, puntate allo sterno, alla gola ed al basso ventre, tutti mortali. La tirata insegna anche un suo particolare modo di spostarsi e camminare, assecondando appieno la tipologia del terreno su cui ci si trova (campagna, pavimento di piastrelle, sabbia, selciato bagnato ecc…), spesso richiama la danza e si ispira ai movimenti dei pupi siciliani. Tirata vuol dire combattimento.

Un elemento importante di queste scuole è detto “figurismo” (più comunemente chiamato Kata o Quyen). Il figurismo o forma è una sequenza obbligata di figure (posizioni) che anticipano il combattimento, rendendolo il più difensivo possibile ed al contempo ne caratterizzano lo stile adottato. Il bastone utilizzato si chiama anche ulivastro, per il particolare legno utilizzato per farlo: l’ulivo appunto, è di colore biancastro lucido ed è molto leggero ed al contempo resistentissimo ai colpi più duri, anche sbattuto violentemente sul cemento.

Esso può avere dei noduli molto consistenti che vengono utilizzati per fratturare la zona ossea colpita in piccoli punti specifici. Il legno utilizzato viene raccolto in particolari periodi dell’anno, viene trattato e passato al fuoco per essere pulito raddrizzato e asciugato. La stagione di raccolta del legno è molto importante per la qualità stessa dell’arma. Altri legni utilizzati sono l’arancio amaro, il sorbo e la rossella.

Nel duello vi è un giudice d’onore che controlla il rispetto delle regole. I motivi che danno origine a questa prova possono essere tanti e più o meno gravi e tocca al giudice stabilire, valutando la gravità dell’offesa subita da uno dei due contendenti, le modalità del combattimento stesso. Così il combattimento può svolgersi all’ultimo sangue, oppure al primo che riesce a colpire l’altro, o ancora evitando di colpirsi volutamente nei punti vitali. Esistono varie misure del bastone (in palmi) e diametri, ad esempio un bastone sottile può infliggere oltre che fratture anche lacerazioni.

IL MATERIALE
Tra i materiali più comunemente usati, fin dall’antichità, per la realizzazione di armi da combattimento in oriente troviamo il legno, specialmente quello derivante da vegetazione del posto come per esempio il Bambù, il Rattan ed il Teak.

IL TEAK
Il Teak, nativo dell’India, è particolarmente diffuso in Ceylon, Thailandia, Birmania, Giava. L’albero del Teak, può arrivare fino ad un’altezza di 30 metri. Questo legno pregiato è largamente usato nella costruzione di navi e mobili grazie alle sue caratteristiche di resistenza agli agenti atmosferici per moltissimi anni. Inoltre il teak è famoso anche per essere resistente agli attacchi di insetti nocivi.

Questo legno anche se esposto per anni agli agenti atmosferici non necessita di manutenzione poiché è impregnato naturalmente di un olio resinoso, grazie al quale non si danneggia né per l’umidità né per la siccità e non si deteriora. Sotto il sole perde il colore bruno dorato e acquista la tonalità di grigio chiaro che lo contraddistingue.

IL RATTAN
La Palma del Rattan è un nome comune applicato a numerose specie di palme, native delle foreste tropicali delle regioni eurasiatiche, specialmente delle Indie dell’Est. La Palma del Rattan ha un fusto esile ed allungato, con la caratteristica di mantenere sempre lo stesso diametro. La lunghezza massima finora incontrata in natura è di 182 mt. La corteccia della Palma del Rattan è particolarmente resistente e durevole; la parte interna o midollo, invece, è particolarmente soffice e talvolta porosa. I fusti sottili e cilindrici, opportunamente lavorati, costituiscono il RATTAN, materiale pregiato e costoso, molto apprezzato per la costruzione di mobili, bastoni, ombrelli e per i lavori di intreccio. Il Rattan una volta scortecciato, può essere colorato con inchiostri particolari e curvato a vapore od a fuoco. Importante è il periodo di taglio in giungla (mai durante i monsoni) e la loro preparazione, devono essere prima selezionati (materiale naturale e scortecciato) e in seguito cotti in olii minerali (anni fa si usava olio di cocco – oggi troppo caro). Vengono posizionati al sole per più giorni, per poi subire una seconda selezione ( qualità , elasticità e misure ). I materiali naturali vengono lavati, puliti con sabbia ed acqua, separati dalla lunga foglia e snodati a mano. I materiali scortecciati vengono trafilati con apposite calibratici, per poi essere riselezionati per colore, rotondità, elasticità ed integrità.

IL BAMBU’
Bambù è il nome che si usa per indicare circa 45 generi di piante diverse. Cresce abbondantemente nel sud-est asiatico, dove viene usato nelle più svariate forme di applicazioni pratiche, come nelle costruzioni, nelle decorazioni, ed anche, talvolta come cibo. Lo stelo della pianta, è formato da una serie di sezioni cave chiamate internodi, che sono intervallati da nodi, che danno al bambù l’aspetto caratteristico che tutti conosciamo.

I bambù sono tra le piante più usate dall’uomo fin dall’antichità. Sono usati per costruire case, ponti, scaffalature, oggetti ad uso domestico, armi ecc.. Se ridotto a listelli viene spesso usato per pavimentazioni, ed anche, se intrecciato per produrre cesti, cappelli ed una infinità di altri prodotti. Opportunamente lavorato serve a produrre carta, o tubi per condutture d’acqua, strumenti musicali. Molte specie sono usate utilizzate come ornamento per giardini.

Questi materiali sopradescritti, secondo le varie esigenze e caratteristiche, sono in assoluto tra i più prediletti dai costruttori di bastoni (intesi come arma da combattimento) vietnamiti.

IL BASTONE VIETNAMITA
Il bastone vietnamita più comunemente chiamato “Bon” si suddivide in tre tipi:

  • bastone corto, “doan con”
  • bastone medio, “te mi con”
  • bastone lungo, “truong con”

La dimensione del primo la si ottiene dall’impugnatura fino all’altezza della spalla ed è pari alla lunghezza di un braccio, il secondo quello più usato, è il bastone medio e raggiunge la misura che va dal pavimento alla tempia ed infine il bastone lungo più comunemente chiamato bastone a coda di topo che arriva ad una misura pari all’altezza del braccio esteso sopra il capo.

Da questo possiamo dedurre che la lunghezza ideale dell’arma dovrebbe essere proporzionata all’altezza di chi la utilizza. Anche il diametro del bastone viene scelto per essere adattato alla dimensione della superficie palmare. Nel mercato possiamo trovare bastoni verniciati, ciò ne impedisce lo scorrimento nelle tecniche di scivolamento, ed in caso di mani sudate c’è anche il rischio di perderlo durante i maneggi per cui se ne consiglia la sverniciatura.

Si può invece trattare il giunco con un prodotto chiamato gommalacca che non ne altera le caratteristiche ma bensì lo impermeabilizza. Negli esercizi a coppie chiamati “song luyen” è preferibile usare i bastoni flessibili. Questi assorbono maggiormente l’energia generata dall’impatto con il bastone dell’avversario evitando quindi ripetuti shock da percossa che possono danneggiare la colonna vertebrale (vertebre lombari, e cervicali).