Dal Karate al Việt Võ Đạo: il mio percorso marziale. Avevo 14 anni quando tutto è cominciato. Negli anni ’70, le reti private iniziarono a trasmettere i primi film di kung fu. Quelle immagini, quei movimenti spettacolari, quel mondo lontano e misterioso mi colpirono profondamente. Fu una scintilla. Poco dopo, una mia cugina – arruolata da poco nell’Arma dei Carabinieri e praticante di karate – mi convinse a seguire una lezione nella sua palestra. Senza saperlo, avevo appena messo piede su un tatami che non avrei più lasciato.
Il mio primo maestro fu Eraldo Tagliaferri
figura di spicco del karate italiano, ex atleta della nazionale italiana che insegnava in un luogo suggestivo: una chiesa sconsacrata chiamata il Gymnasium, nel cuore di Treviso.
Lì iniziai a conoscere la disciplina, il rigore, il rispetto. Poco dopo mi trasferii alla Ren Bu Kan di Dosson di Treviso, dove seguii i corsi del Maestro Andrea Rigo. Furono anni intensi: allenamenti costanti, preparazione ai passaggi di grado, e l’ingresso nella squadra agonistica del Maestro Ofelio Michielan, sempre a Treviso.
Il karate ha rappresentato il mio primo grande amore marziale: una disciplina che mi ha forgiato nei primi anni e alla quale ho dedicato corpo e spirito fino al 1988, quando il mio cammino si è incrociato con quello del Việt Võ Đạo. Ma non l’ho mai davvero lasciato: ancora oggi continuo a praticarlo, perché certi legami, quando sono autentici, restano per sempre.
Fu allora che un amico, anche lui karateka, mi invitò a provare una lezione di Việt Võ Đạo.
Ricordo ancora quella sensazione: un’arte nuova, poliedrica, completa. Ne fui affascinato fin da subito. Dopo un paio d’anni decisi di frequentare la palestra di Padova diretta dal maestro Bao Lan, figura di riferimento in Italia. Da quel momento, il Việt Võ Đạo divenne il mio sentiero.
Negli anni ’90 e nei primi anni 2000, ho sentito la necessità di arricchire il mio bagaglio tecnico e confrontarmi con altri approcci al combattimento. Questo mi ha portato ad approfondire la pratica del Jujitsu, della Muay Thai (Thai boxe) e del pugilato.
Discipline diverse, con mentalità e meccaniche specifiche, che mi hanno dato un valore aggiunto fondamentale, permettendomi di affinare il senso del combattimento reale, la gestione della distanza, la resistenza e la strategia. Queste esperienze hanno completato e rafforzato la mia visione marziale, rendendola ancora più ampia e consapevole.
Tra gare, esami, allenamenti e viaggi – soprattutto in Vietnam, patria dell’arte marziale che avevo scelto – sono trascorsi molti anni, fino a ricevere oggi il grado di cintura nera 6° Dăng.
Un traguardo importante, ma anche simbolico, perché rappresenta il punto in cui la pratica incontra la responsabilità.
Ho trascorso la mia vita tra palestre, palazzetti, viaggi,
sacrificando molto del mio tempo personale. Non è stato un cammino facile: il tempo sottratto alla famiglia, a mio figlio, pesa. Ma la passione è sempre stata più forte di tutto. Tante soddisfazioni, ma anche momenti duri. E come in ogni vera arte marziale, ho imparato che il sacrificio è parte del processo.Nel 1995 ho aperto il mio primo centro a Treviso, con il desiderio di divulgare il Việt Võ Đạo nella mia città. È stato un sogno costruito passo dopo passo, che mi ha portato a formare istruttori, cinture nere, e ad ampliare il circuito anche al di fuori della Marca Trevigiana.
Parallelamente, ho introdotto e promosso la disciplina del Việt Tài Chí, una forma raffinata e profonda di lavoro sul corpo e sull’energia. Ho avuto la possibilità di portare questa pratica al di fuori del dojo, in contesti sociali e istituzionali, come l’Azienda Ospedaliera, dove si è rivelata uno strumento prezioso di benessere psico-fisico e prevenzione.
Dal Karate al Việt Võ Đạo: il Mio Percorso Marziale
Oggi, guardando indietro, mi rendo conto di quanto il tempo sia volato. Ma so anche che ne è valsa la pena. Ho sempre creduto in quello che facevo, soprattutto nel valore educativo, terapeutico e sociale delle arti marziali.La pratica non finisce sul tatami: può vivere ovunque ci sia bisogno di equilibrio, ascolto e crescita.
Il ringraziamento più grande va ai miei allievi, ai miei ragazzi, alla mia associazione: sono loro che mi hanno reso un maestro. Senza di loro, tutto questo non avrebbe avuto senso.
Un grazie profondo alla mia famiglia, che nei momenti più duri è sempre rimasta al mio fianco. E un pensiero sincero ai miei colleghi, ai compagni di viaggio e soprattutto al mio Maestro Bao Lan, che ha sempre creduto in me e nel progetto di portare questa disciplina nella mia città.
Il 6° Dăng non è un punto d’arrivo.
È un nuovo inizio. Continuo a camminare, a imparare, a trasmettere. Con la stessa passione di quel ragazzo di 14 anni, ma con la consapevolezza di chi ha vissuto una vita sul tatami.